MOSTRE. VERMEER EVENTO AD AMSTERDAM: 28 DIPINTI RACCONTANO AMORI E DEBITI (PAGATI CON LE OPERE)

Siamo al bagarinaggio? Il sito del Rijksmuseum in tilt e i biglietti inafferrabili come una Fata Morgana nel deserto. Guai a desistere. Su Johannes Vermeer (1632/1675), alla tv olandese, hanno persino realizzato un reality show, incentrando il format su opere citate nelle fonti ma andate perdute, e in trasmissione dipinte in modo apocrifo da pittori professionisti e dilettanti, sottoposti al verdetto di una giuria, di cui ha fatto parte anche Pieter Roelofs, curatore della mostra di Vermeer insieme a Gregor J. M. Weber. Il Rijksmuseum di Amsterdam ha orchestrato l’evento dell’anno, esponendo 28 dipinti dei 37 rimasti, tra i 50 forse realizzati dal pittore in tutta la sua vita, uno all’anno.

Il famoso dipinto de La ragazza con l’orecchino di perla, in collezione al Mauritshuis dell’Aja

Le sue opere, moneta sonante

Pensare che alcuni di questi capolavori, provenienti dai maggiori musei del mondo, servissero al pittore anche per pagare il panettiere con il quale era indebitato (che vantava un suo quadro appeso in negozio) o con chi gli aveva prestato del denaro, apre uno squarcio importante sulla sua vita tra luci ed ombre (come in un riflesso delle sue tele), una biografia che il museo Prisenhof di Delft mette in risalto attraverso una mostra che contestualizza la vita e l’opera del maestro olandese (fino al 4/06). Il panettiere Hendrick van Buyten, ricco notabile della sua corporazione, proprietario di alcune case a Delft, amava collezionare arte, e di Vermeer si accaparrò tre tele. Il pittore e la moglie Catharina ottennero poi 200 fiorini in prestito da Pieter Claesz van Ruijven, che dell’artista possedeva ben 21 dipinti (tra cui la celeberrima Ragazza con l’orecchino di perla, ora del Mauritshuis). Dimostrando quanto Vermeer fosse bramato per quei suoi dipinti in cui raccoglieva nell’intimità delle case, conversazioni, suoni sospesi, pensieri metafisici, sospiri d’amore, attese, a volte introducendo nelle sue composizioni rimandi a dipinti di altri artisti che conosceva, come di Jordaens con la sua Crocefissione.

A Lady Writing (1664/67), della National Gallery of Art di Washington

All’asta

Alla morte del mecenate van Ruijven e della consorte, queste 21 opere furono ereditate dalla loro figlia Magdalena. Morta anch’essa, nel 1682 e, defunto pure suo marito, queste andarono all’asta ad Amsterdam nel 1696, prendendo le vie del mondo. A riportarne molte in patria è appunto questa mostra al Rijksmuseum di Amsterdam (fino al 4/06). Vermeer visse in un ambiente artistico, non si mosse mai da Delft (magnifica la veduta, dove sembra essere appena passato il temporale, esposta al Rijksmuseum), lì vivevano o arrivavano pittori di talento. Suo padre Reynier Jansz, oltre ad essere abile artigiano tessile nella lavorazione di pregiato velluto e avere una locanda, era mercante d’arte e amico di molti pittori.

La conversione come atto d’amore

Johannes, cresciuto protestante in un’enclave protestante, si ritrovò presto a stretto contatto con la cultura e la fede di Roma, attraverso l’apprendistato artistico - durato sei anni, prima di poter ottenere ufficialmente lo status di pittore - con i suoi maestri Bramer, Bloemaert, Rietwijk, artisti cattolici. Poi ci fu l’incontro amoroso con l’amatissina Catharina Bolnes (dalla quale ebbe 14/15 figli), di benestante famiglia cattolica. Le nozze non furono impedite, lui si convertì e i due si sposarono in una chiesa cattolica clandestina a Schipluiden, stabilendosi poi a Delft proprio nel Papenhoek, il ghetto “papista”. Con loro visse per un certo tempo anche Willem, il fratello di Catharina, violento, che la percosse incinta, prima di essere internato in una struttura manicomiale. Nulla di tutto ciò traspare però nei dipinti domestici di Vermeer, di una fissità misteriosa, ben lontani da quel clima tossico che si respirava in casa.

View of Delft (1660/61), del Mauritshuis dell’Aja

Il pittore e i Gesuiti

Per lui tutto è luce diffusa, esteriore ed interiore, serenità, eleganza e misuratezza, probabile retaggio di un’educazione calvinista. Prova della riflessione spirituale di Vermeer, della sua adesione al Cattolicesimo, derivante dalla conversione è il dipinto Allegoria della fede cattolica (1670/74), intriso di simbologie: il globo, la mela addentata, il serpente con la testa schiacciata da una pietra, la donna in estasi, quasi una figura classica, tardorinascimentale. Vermeer ha visto tanto, era anche un art dealer e come tale fu chiamato alla corte olandese per valutare dei dipinti italiani, che definì croste. La sua Santa Prassede è una copia di un quadro di Felice Ficarelli (di scuola fiorentina), poco vermeeriano, ma autografo. E la Croce che lui dipinge grondante sangue è un riferimento molto importante per i Gesuiti (con i quali aveva uno stretto legame). In quella Allegoria egli ritorna al grande formato, adatto a un altare, come nelle prime ambiziose opere giovanili, quando poi virò su quelle di più ridotta dimensione.

Allegory of the Catholic Faith, (1670/74), The Metropolitan Museum of Arts/Art Resource/Scala, Firenze

Santa Prassede, Kufu Company, in deposito a The National Museum of Western Art, Tokyo

Le raffinate case dei ricchi mercanti olandesi

«Ciò non avvenne però subito, ma in varie fasi, l’ultimo quadro grande è quello al Metropolitan di New York, di una ragazza addormentata a un tavolo. E poi dopo, con il dipinto del 1657/58 di una giovane che legge una lettera alla finestra (a Dresda), inizia quelli di piccolo formato, molto intensi. Nella società olandese, le scene storiche o bibliche non erano richieste. La Chiesa non era un committente», precisa Taco Dibbits, direttore del Rijksmuseum. «Quindi si dedica a quelle di genere, con una o due persone, adatte agli ambienti delle case dei mercanti olandesi». Francesca Gabrieli, italiana, chimica e ricercatrice scientifica del Rijksmuseum, specializzata in spettroscopia di riflettanza ad immagini, ha finora analizzato nove dipinti di Vermeer, i quattro di Amsterdam, due del Mauritshuis, due della Frick Collection e uno di Leiden. Stando poi mesi, durante il Covid, al lavoro a tu per tu con la famosa ragazza che versa il latte ( La Lattaia ).

The Milkmaid (1658/59) del Rijksmuseum di Amsterdam

Girl Reading a Letter at an Open Window (1657/58), The Metropolitan Museum of Arts/Art Resource/Scala, Firenze

Pigmenti e pennellate

Diverse le scoperte riguardo alle scelte compositive di Vermeer, all’uso dei pigmenti (l’ultramarino arrivava dall’Afghanistan in Nord Europa attraverso l’Italia). «E nella Love Letter abbiamo scoperto che il pittore, verso fine carriera, nel 1670, adottò altri pigmenti: per fare l’ombreggiatura sulla pelle prima usava l’azzurro oltremare», dice la Gabrieli. «Poi, forse per un’influenza italiana, cominciò ad usare per l’incarnato del viso e delle braccia la terra verde (il verdaccio usato dal Verrocchio), verde mescolato con la terra. E dall’analisi dei dati possiamo sapere il composto chimico, pixel per pixel». Nella pennellata era diventato un po’ italiano.

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